Terni, scontro sul bar esterno dell’ospedale per gara e ‘sgombero’: il Tar respinge i ricorsi

Sentenza di merito: bagarre sul bando e sull’ordine di sgombero del settembre 2021 firmato Chiarelli. Niente da fare per l’attuale gestore. Consiglio di Stato in vista

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di S.F.

Ricorsi riuniti – il primo sul bando di gara dell’11 febbraio 2020, il secondo sull’ordine di sgombero firmato dall’ex direttore generale Pasquale Chiarelli il 2 settembre 2021 – e respinti. C’è la sentenza di merito del Tar Umbria sulla battaglia sviluppatasi in merito alla concessione del bar esterno: niente da fare per la Mebar srl, l’attuale gestore. A meno che non si vada avanti al Consiglio di Stato, come d’altronde è lecito attendersi: gli avvocati coinvolti sono Fabrizio Garzuglia, Laura Mariani Marini e Anna Rita Gobbo, quest’ultima in difesa della Regione Umbria. A tutto ciò si è arrivati dopo il tentativo di mediazione non andato a buon fine.

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L’area

Lo scontro e la storia dal 2001

In sostanza la Mebar si è attivata quando è venuta a sapere del bando di gara per la concessione – si è poi concluso con l’aggiudicazione a favore della Pianeta Food srl e successiva sospensione in autotutela del Santa Maria – dell’attività, in mano da circa vent’anni alla società attuale. Cosa c’entra la Regione? Semplice, la società ricorrente ha impugnato la delibera dell’esecutivo firmata 11 aprile 2019 nella parte in cui «dovesse qualificare l’immobile condotto in locazione come bene appartenente al patrimonio indisponibile dell’azienda ospedaliera». Al centro dell’attenzione c’è dunque il Caffè Milani ed il contratto di locazione firmato nel febbraio 2001 con l’allora proprietario dell’immobile, il Comune. Poi man mano la situazione è cambiata: «Non è mai stato oggetto di un regime concessorio», ha specificato la Mebar nei motivi del ricorso. Il trasferimento della proprietà – si legge nella sentenza – all’azienda ospedaliera c’è stato il 9 gennaio 2013: «Afferma la parte ricorrente che il contratto sottoscritto nel 2001 si sarebbe rinnovato di sei anni in sei anni, da ultimo il 1° febbraio 2019, fino al 31 gennaio 2025». Tutto nasce da questo aspetto.

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L’ospedale di Terni

Il Tar spiega: il contratto 2001 ed i rinnovi

Il Tribunale amministrativo regionale sottolinea che le «censure proposte dalla società ricorrente nei due ricorsi e nei relativi motivi aggiunti sono in buona parte basate sulla contestazione della disponibilità da parte dell’azienda ospedaliera Santa Maria del fabbricato sito nel Comune di Terni, via Tristano di Joannuccio, essendo il suddetto immobile asseritamente tuttora locato in favore della Mebar s.r.l., in ragione del contratto di locazione stipulato nel 2001 con il Comune di Terni e che si sarebbe tacitamente rinnovato, da ultimo nel 2019 fino al 2025. La questione dell’applicabilità del meccanismo di rinnovo tacito alle locazioni di immobili non residenziali da parte delle pubbliche amministrazioni registra invero orientamenti non pacifici in giurisprudenza». Si arriva al dunque: «Ciò posto, va rilevato che gli effetti del contratto di locazione stipulato dal Comune di Terni con il signor E.A., cui è poi subentrata nel maggio 2002 la Mebar avendo acquistato l’azienda commerciale esercente l’attività di bar, sono venuti meno a causa del mancato rinnovo dello stesso alla scadenza del 31 gennaio 2019. Contrariamente a quanto affermato dalla società ricorrente, risulta agli atti di causa la tempestiva disdetta del contratto da parte dell’azienda ospedaliera un anno prima della scadenza del 31 gennaio 2019. Difatti, la parte resistente ha depositato l’atto di disdetta del 31 gennaio 2018; tale documento, che fa puntualmente riferimento al contratto 34804 del 1° febbraio 2001 in scadenza il 31 gennaio 2019, reca in calce l’estratto del registro delle raccomandate a mano da cui risulta la consegna del documento nella medesima data alla Mebar. Va evidenziato che con riferimento a tale documento non risulta essere stata presentata querela di falso da parte del ricorrente, che si limita nei propri scritti ad affermare la mancata ricezione». C’è anche altro: «La stessa azienda ospedaliera, con successivo atto del 7 dicembre 2018, ha proposto all’odierna ricorrente una proroga temporanea del contratto ‘fino alla definizione di apposita gara in corso di attivazione e comunque non oltre il 30 settembre 2019’, proposta accolta dalla Mebar con nota del 19 febbraio 2020». I motivi di ricorso sono tutti infondati. Battaglia destinata a proseguire con ogni probabilità.

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