Perugia, caso Arconi: «Non c’è dialogo»

Assemblea flop alla sala Sant’Anna. Le due parti non si parlano. L’assessore Calabrese: «Solo leoni da tastiera». E Primo Tenca abbandona la sala

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di P.C. e L.P.

È arrivata, forse, con un po’ di ritardo l’assemblea pubblica indetta dall’amministrazione per illustrare il tanto discusso progetto di realizzazione di una biblioteca multimediale agli Arconi di piazza della Rupe. Progetto ‘discusso’ non tanto per a biblioteca – che raccoglie ampi consensi – ma per l’intervento architettonico che sarebbe secondo i critici troppo drastico per stile e materiali usati, visto il largo uso di cemento armato.

TUTTO SUGLI ARCONI – ARCHIVIO UMBRIAON

L’assessore Calabrese all’incontro

L’incontro Forse proprio a causa del ritardo nel confronto, l’incontro è stato meno partecipato del previsto: appena una trentina di persone, venerdì sera, alla sala Sant’Anna. Un appuntamento fortemente voluto anche dall’assessore ai lavori pubblici Francesco Calabrese. Un incontro, infatti, più che un’assemblea. Con interventi fiume, oltre mezz’ora a testa, per illustrare motivazioni e genesi del progetto, che hanno lasciato poco spazio, se non in tarda serata, per il dibattito. Le prime domande dal pubblico sono arrivate alle 22.45 e sono andate avanti per un’oretta. I rappresentanti dell’amministrazione hanno ascoltato tutti, ma la tendenza delle risposte era più o meno sempre la stessa: «Lasciateci fare e poi vedrete che avevamo ragione».

Degrado degli Arconi Lunga, lunghissima l’analisi storica e architettonica del progetto Arconi compiuta prima da Calabrese poi dai tecnici. La prima per dimostrare come gli Arconi non fossero mai stati valorizzati come adesso e, anzi, spesso nel passato siano stati oggetto di degrado. La seconda, ad opera dei progettisti, per ricordare come l’uso di elementi moderni, nello stile è nella scelta dei materiali, sia una costante negli interventi di recupero in importanti città italiane: Venezia, Urbino, Firenze, Pozzuoli. E la stessa Perugia non è esente da interventi radicali: citati la cupola di palazzo della Penna, le scale mobili nella Rocca Paolina e addirittura un intervento del Mibact a Palazzo dei Priori, in una delle sale della Galleria nazionale dell’Umbra.

La struttura prima dell’intervento

La storia «È stato dipinto come il giardino dell’Eden, come un luogo da tutelare e conservare. Invece – dice l’assessore Calabrese – io me lo ricordo: quello era il luogo del peggior degrado di Perugia, dove la gente andava a morire di overdose. Poi arriva il Minimetrò e pone il tema degli Arconi; quello diventa il biglietto da visita di Perugia che non può essere lasciato in quello stato. E arriviamo a oggi, con tante idee di progetto. Alla fine viene scelta la biblioteca: come si fa a discutere la validità culturale di una proposta del genere?». Poi si arriva al punto della questione: il progetto e la sua scarsa condivisione con la città. «Nell’estate del 2015 – ricorda Calabrese – si è discusso del fatto che alcuni elementi architettonici sono stati modificati. Il soprintendente Gizi ci disse che non andavano bene. Lì per lì ci è presa male, ma devo ammettere che aveva ragione. Il suo rilievo aveva un senso. Poi la Marini, con un atto unico in Italia, certamente in Umbria, arriva a chiedere la rimozione di Gizi perché a suo giudizio stava bloccando 100 milioni di lavori».

La vista dall’alto

Piazza della Rupe «Devo dire che i nostri tecnici sono stati bravi nel recepire le indicazioni di Gizi senza snaturare il progetto iniziale che ci era stato consegnato da 30 anni di amministrazioni precedenti- ha proseguito Calabrese – noi continuiamo a chiamarla piazza della Rupe ma quello spazio in realtà dal punto di vista toponomastico non esiste. Con questo progetto noi lo restituiamo alla città. Oggi abbiamo l’opportunità di uscire dal tunnel della foto del cantiere sui social». Impostazione, questa, confermata anche dall’ingegner Franco Becchetti, responsabile del progetto. Che ha aperto il suo intervento con un messaggio preciso: «Siccome questo è un confronto diverso dai social mi sono preparato una presentazione tecnica per darvi elementi oggettivi. A cominciare da una carrellata dei vari progetti proposti per gli Arconi, per farvi notare come questa sia una delle proposte più soft rispetto all’impatto estetico». E via con la carrellata.

La protesta di Tenca E mentre l’illustrazione procedeva, qualcuno ha deciso di abbandonare la sala in segno di protesta. L’ha fatto Primo Tenca, presidente della Società operaia di mutuo soccorso, quando ormai erano passate le dieci sera, un’ora dopo l’inizio. «Il confronto si fa prima non dopo. Qua hanno già deciso e non hanno intenzione di cambiare idea: perché mi hanno invitato se non mi danno la possibilità di parlare?». La decisione, secondo Tenca, è stata già presa e non sembra esserci alcun elemento che potrebbe far pensare a un ripensamento da parte dell’amministrazione. «Ci hanno invitato per indorarci la pillola – dice – mentre, secondo me, quel progetto ha una sola via d’uscita: la demolizione dei manufatti in cemento armato. E’ questo quello che chiede la città: l’abbattimento di questo ‘mostro’ che ha osato avvicinare il cemento a delle arcate trecentesche».

PRIMO TENCA ABBANDONA L’INCONTRO – L’INTERVISTA

Il cantiere

‘Cessi’ sul Muro civitatis «Sono venuto via – conclude Tenca – quando ho sentito l’ingegner Becchetti ripetere una menzogna enorme, cioè che quella era un’area degradata e lì c’era un morto a settimana per overdose. Era sì un’area abbandonata, l’hanno capito quando hanno deciso di mettere lì il capolinea del minimetrò che quella zona aveva un potenziale enorme. Su questo siamo tutti d’accordo, non lo siamo sul riempire gli Arconi di cemento armato. Ma lo sapete che sul famoso Muro Civitatis che ha citato l’assessore ci addosseranno i cessi? E poi con una fogna porteranno fuori i liquami? Vi sembra una cosa normale?».

Il confronto Intanto, dentro, inizia il dibattito. C’è chi suggerisce l’uso dell’acciaio, chi si lamenta delle vetrate, chi addirittura avrebbe auspicato un intervento più radicale, a coprire tutta la piazza antistante, come quello immaginato da Isozaki per gli Uffizi, progetto pure illustrato per dare l’idea di come nelle altre città si facciano comunque interventi ‘moderni’. Il dibattito va a finire anche sul ballatoio del tribunale, che i tecnici portano come esempio di intervento ben riuscito. Dalla sala però c’è chi lo giudica «orrendo». Emerge pure che sulla piazza della Rupe è previsto il ricollocamento del settore non alimentare che prima era sul Mercato Coperto e oggi in piazza del Circo con dei box per cui sono stati spesi 350 mila euro. Un altro problema, sul quale – dal pubblico – viene sollecitato un intervento partecipativo, ora che si è ancora in tempo.

Il progetto iniziale del 2013

‘Leoni da tastiera’ «Sono 30 anni che il confronto va avanti su questo tema. Quindi non venitemi a dire che non c’è stato confronto – ha concluso Calabrese in modo veemente – poi, ditemi voi se noi, ad agosto 2015, con bando in scadenza al 31 dicembre, potevamo metterci a discutere con la città sui dettagli del progetto. Abbiamo fatto i salti mortali, chiudendo il 30 dicembre. E meno male che non ci sono stati intoppi sennò i fondi erano persi e andavamo avanti altri 30 anni a parlarne». Infine sulla poca partecipazione, l’assessore è tranchant. «Leoni da tastiera – definisce quelli che, per oltre due mesi, hanno riempito le bacheche di Facebook con insulti e provocazioni e poi all’assemblea non erano presenti – è questa la differenza tra partecipazione e gli attacchi da dietro uno schermo», dice in riferimento ai cittadini intervenuti e che hanno posto domande e quesiti concreti.

Il progetto ‘modificato’

Nessun confronto In attesa di capire se il prossimo appuntamento – il consiglio ‘grande’ in programma per lunedì prossimo sui progetti cittadini – sarà più partecipato, l’unica certezza è che le polemiche, via social, in effetti sono state tante. Certo, dalla propria poltrona è più comodo ma, forse, secondo Tenca è l’unica soluzione. «Inutile far partire il ragionamento dagli Etruschi – dice – io voglio parlare di quel manufatto, oggi. Di perché è stato cambiato il progetto, perché la città non è stata informata prima: è questione di rispetto. Non abbiamo modo di confrontarci con l’amministrazione, non ci viene data la possibilità di dire la nostra opinione. L’unica soluzione è sfogarci sui social network o parlare coi giornali. In tanti non sono voluti venire per questi motivi, io sono venuto per una questione di rispetto, ma loro hanno già deciso».

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