Perugia: «Una Gesenu pubblica non esiste»

Il vicesindaco Barelli: «Impossibile una società in house per motivi giuridici oltre che economici». Fp Cgil: «Rischio emergenza»

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Rifiuti che finiscono fuori regione, altri che ne entrano dal Lazio, extracosti che il comune vuol far pagare all’azienda che, però, cerca di farli finire nella bolletta, un’inchiesta pesante della magistratura con capi d’imputazione che vanno dalla truffa al disastro ambientale, impianti obsoleti ed altri, pronti per essere riaperti, che rimangono chiusi.

La sede di Gesenu a Ponte Rio

Modello Contarina Nel bandolo della matassa che riguarda l’affaire ‘monnezza’ a Perugia, con la Gesenu che continua a perdere pezzi, la proposta avanzata tempo fa dal Movimento 5 stelle di costituire una società in house providing sul modello virtuoso del consorzio Contarina nel Triveneto, il cui capitale è interamente detenuto dal dai comuni del bacino, ha ricevuto un ‘niet’ che non lascia spazio a dubbi dalle parole del vicesindaco Urbano Barelli.

La proposta Una società gestita direttamente dal comune, con l’elaborazione di un sistema di monitoraggio permanente del servizio e di tracciabilità dei rifiuti, di controllo delle discariche con il coinvolgimento dei cittadini e dei lavoratori. Era questa, nel succo, la proposta dell’avvocato Rosetti che l’amministrazione anche a elaborare un piano di gestione dei rifiuti improntato alla strategia ‘rifiuti zero’, anche in questo caso condiviso con cittadini e operatori. «Non c’è stato nessun cambio di passo rispetto al passato –ha detto Rosetti- anche la vicenda Gesenu avrebbe richiesto politiche diverse rispetto al passato e invece si è lasciato che tutto andasse in mano a un privato di cui non si sa niente, si continuano a non fare controlli. Non si è fatto nessun tentativo di uscire da certe logiche del passato, non cogliendo l’opportunità che era stata data e questo è un comportamento quantomeno irresponsabile. Si sta andando verso la vendita delle quote senza neanche prendere in considerazione il modello di house providing, il che significa che si sta lasciando che questa società venga spostata da chi con 12 milioni di euro si viene a prendere e a gestire una partita da un miliardo di euro».

La discarica di Pietramelina

Il recesso Dibattito serrato, mozioni d’ordine e, su tutto, la scarsa presenza dei consiglieri di maggioranza, segno che l’argomento infiamma gli animi di molti. Ma a prendere la parola e a chiarire che non è ipotizzabile un altro modello gestionale per Gesenu ci ha pensato il vicesindaco con delega all’ambiente. Ci sono motivazioni giuridiche, ha spiegato Barelli, dalle quali non si può prescindere e per le quali non si può prendere in considerazione la proposta. «In primis il recesso dal contratto non spetta al Comune, ma all’Auri – ha chiarito il vicesindaco – mentre per rendere interamente pubblica la Gesenu occorrerebbe modificare lo statuto dell’azienda perché attualmente non vi è alcun obbligo per il socio privato di vendere le quote al Comune. Parimenti nello statuto di Gesenu sono previste azioni societarie di tipo A e di tipo B ma solo queste ultime sono intestabili al soggetto pubblico. Infine va detto che, in caso di risoluzione del contratto, nulla consentirebbe ex sé di costituire una società interamente pubblica».

I soldi Poi, tasto ancor più dolente, la questione economica. «Se, per ipotesi, si volessero acquisire tutte le azioni di Gesenu dal privato, servirebbero risorse importanti che ad oggi non sono presenti nel bilancio comunale. Peraltro, essendo la gestione del servizio rifiuti di interesse regionale, il comune di Perugia non può assumere alcuna decisione senza una preventiva condivisione con gli altri enti territoriali interessati, in primis la Regione. Ed è proprio la Regione che finora non ha risposto alle sollecitazioni di palazzo dei Priori riguardanti la modifica del piano dei rifiuti, ormai ritenuto obsoleto».

Urbano Barelli

Strategia rifiuti zero Come aveva già anticipato alcune settimane fa, con la costituzione di un osservatorio, il Comune si sta già avviando sulla strategia ‘rifiuti zero’, «che non contempla alcun inceneritore sul territorio perugino, una decisione già comunicata alla Regione». Nelle parole del vicesindaco, la conferma che l’amministrazione è a lavoro per garantire una diversa governance rispetto al passato. Eppure ad essere preoccupati e a chiedere una gestione pubblica ci sono anche i lavoratori rappresentati dalla Fp Cgil dell’Umbria che hanno chiesto un incontro urgente alla Regione sulle problematiche del settore igiene ambientale, «per evitare – si legge in una nota del sindacato del lavoro pubblico – una vera emergenza rifiuti, che porterebbe inevitabilmente ad un rialzo delle tariffe a causa del conferimento dei rifiuti fuori regione».

I sindacati «Sollecitiamo la convocazione di un incontro perché siamo preoccupati per il mantenimento della qualità e sicurezza del lavoro, oltre che dei livelli occupazionali, mentre notiamo avanzare uno strisciante dumping contrattuale», spiegano Ivo Ceccarini e Fabrizio Cecchini per la Fp Cgil dell’Umbria. «Al tavolo – continuano i due sindacalisti – ribadiremo quelle che sono per noi le linee di indirizzo fondamentali, ovvero: il superamento attraverso una governance pubblica regionale dell’attuale frammentazione del settore, con circa 35 aziende diverse che operano nella nostra regione; l’incentivazione delle filiere produttive, per recuperare i materiali del riciclo valorizzandoli economicamente attraverso la lavorazione e puntando al contempo all’obiettivo rifiuti zero, al fine di non conferire più nelle discariche ormai sature».

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